Le Cantigas de Santa Maria Concerti Di pochi repertori, nella storia dell’interpretazione moderna della musica medievale, si è abusato quanto delle Cantigas de Santa Maria. Dagli anni Sessanta in poi hanno rappresentato una tappa obbligata per ogni gruppo musicale che si interessasse al Medioevo. Nessuna altra raccolta di musiche anteriori al Rinascimento è stata tanto registrata o proposta in concerto. La facilità della lettura, l’immediatezza di molte melodie ne hanno decretato il successo anche presso formazioni amatoriali e sulle Cantigas hanno fatto il loro ‘tirocinio’ gruppi che con il tempo sono ascesi a livelli qualitativi molto alti e a fama internazionale. Nella grande popolarità delle Cantigas ha giocato anche l’esempio dei maestri: se un giorno si dovesse tracciare una storia critica di questi primi decenni di riscoperta della musica medievale, ci si accorgerebbe che l’interpretazione ‘islamizzante’ delle Cantigas de Santa Maria proposta dallo Studio der Fruhen Musik di Thomas Binkley, e la versione più recente e forse più evocativa del Clemencic Consort, hanno rappresentato il punto di partenza di una sorta di ‘tradizione orale’, suggerendo sonorità e prospettive di lettura che si sono consolidate nel tempo.
Questo ha prodotto una certa marginalizzazione delle interpretazioni alternative, che porgevano il repertorio proponendo ipotesi diverse: evidenziando, ad esempio, la connessione stretta che c’è tra le Cantigas e il cantus planus o il repertorio poetico-musicale provenzale e in lingua d’oïl, oppure con i repertori polifonici coevi. In pratica, mentre la posizione degli studiosi è sempre stata decisamente dialettica e sfumata, gli interpreti, nel corso dei decenni hanno preferito attenersi ad un’ipotesi folklorico-mediterranea, che affronta le Cantigas avvicinandole al repertorio popolare iberico e alla musica arabo-andalusa. All’origine di questa prospettiva vi è la monumentale pubblicazione di Higinio Anglès (La musica de las Cantigas de Santa Maria del Rey Alfonso el Sabio, Barcelona 1943-59), che rimane a tutt’oggi lo studio più completo e approfondito sull’argomen¬to. Anglès era convinto che la notazione delle Cantigas, che presenta caratteristiche uniche, fosse una sorta di scrittura mensurale: su questa convinzione impostò tutte le sue trascrizioni. Dal punto di vista musicologico la sua teoria fu oggetto di diverse critiche, spesso fondate. Nella pratica, le melodie così trascritte, facilmente fruibili, suonano piuttosto piacevoli all’orecchio moderno: per questo hanno sempre goduto di grande popolarità tra pubblico e musicisti. Inoltre, dopo aver minuziosamente analizzato l’intero corpus delle Cantigas sotto molteplici punti di vista, Anglès ipotizzò un collegamento diretto tra queste e la musica popolare spagnola. L’ipotesi arabo-andalusa ha radici nel lavoro di Ribera, La musica de Las Cantigas: estudios sobre su origen y naturaleza (Real Academia Spagnola 1922) ed in studi seguenti, come quelli di Farmer (Historical Facts far the Arabian Musical Influence, London 1930). Anche in questo caso, come per Anglès, la connessione tra i repertori si basa più su un’interpretazione soggettiva di correlazioni culturali, che sull’evidenza musicale. Sappiamo per certo che alla corte di Sancho IV, figlio di Alfonso, un decennio dopo la morte del padre, vi erano in servizio ventisette musicisti; di questi tredici erano arabi (mouros) ed uno ebreo. Tuttavia nel gran numero di miniature che accompagnano i codici delle Cantigas, una sola riproduce un musicista islamico, rappresentato accanto ad un occidentale, entrambi impegnati a suonare due liuti a manico lungo. Il mouro ha il bordo della veste strappato e i piedi nudi; il suo compagno invece porta la spada ed ha una corona in capo. Viste le grandi conoscenze che Alfonso, il re sapiente, poteva vantare in astronomia, filosofia ed esoterismo, non è escluso che ci si trovi dinanzi ad una rappresentazione simbolica, in cui il re si è voluto rappresentato vicino ad un personaggio orientale di cui non sappiamo nulla, ma che dall’aspetto dimesso, secondo la tradizione narrativa medievale, potrebbe anche essere un filosofo.
La lettura ‘etnica’ che Anglès difende, passa, nella sua argomentazione, attraverso similitudini melodiche (e modali) tra Cantigas e repertori più tardivi di origine popolare. Queste correlazioni sono reali. Ma le Cantigas, come le laude italiane, la monodia medievale in generale e molta della musica popolare europea traggono origine, in buona misura, da quel repertorio sacro che, ricordiamo, si mantiene integro in forza di una tradizione dalla forte valenza simbolica. Il cantus planus ha subito modifiche nel corso dei secoli, ma ha cercato di difendere le proprie caratteristiche formali con grande rigore, anche attraverso frequenti riforme, in un gioco continuo tra oralità e scrittura, avendo nel rispetto della sacralità e intangibilità del rito un valore assoluto. Altro è stato il destino della musica scritta profana, che in un processo compiutosi nel Medioevo ha trovato nella variazione e nella ricerca del nuovo la propria ragione d’essere. Anche il canto popolare è conservatore, ma la mancanza di qualunque relazione volontaria con la scrittura fa sì che il canto folklorico abbia meccanismi di conservazione e rinnovamento tutti ancora da definire. Siamo ancora lontani da aver iniziato uno studio organico sui meccanismi di formazione e modifica dei repertori musicali di tradizione orale.
Il Concilio Laterano IV indetto nel 1215 da Innocenzo III, ebbe tra i suoi obiettivi principali la lotta all’eterodossia. Fra le varie misure prese, oltre all’interdizione degli ebrei dai pubblici uffici e all’obbligo per gli stessi di portare sugli abiti un segno distintivo, il Concilio diede grande impulso alla devozione mariana, utilizzata come strumento di propaganda antiereticale. Attorno al primo quarto del XIII secolo, chierici e musici iniziarono a comporre canti in lingua volgare dedicati alla Madonna che ebbero rapida diffusione tra i laici, nelle corti principesche così come tra il popolo delle città. Il primo tra tutti ad aver composto lodi mariane in volgare è, secondo la tradizione, il troviere Gautier de Coinci. La sua opera, i Miracles de Notre-Dame, ebbe diffusione vastissima: lo testimoniano gli ottanta e più manoscritti che la conservano, ventidue dei quali con musica. Le Cantigas appartengono a questa grande famiglia, che riunisce anche le laude italiane della fine del XIII secolo, i Marienlieder dei Minnesänger e molte canzoni di trovatori. Tutti repertori che, pur trattando di uno stesso tema, lo fanno in modo diverso, in accordo con la tradizione culturale di cui sono testimonianza e con il ruolo sociale che dovevano assolvere. Le Canti gas de Santa Maria sono una raccolta di più di quattrocento canzoni dedicate alla Vergine e scritte in lingua gallego-portoghese, la lingua letteraria della Spagna medievale fino al XV secolo. Compilata per volere del re Alfonso X el Sabio (122 1—1284), monarca dai vastissimi interessi culturali ma dalle limitate capacità politiche, la raccolta è ope¬ra collettiva, alla quale hanno collaborato poeti e musicisti. Alcuni brani sono forse di pugno dello stesso re Alfonso. Le Cantigas hanno subito un destino diverso da quello di altre opere simili: mentre i Miracles di Coinci hanno rappresentato un archetipo popolarissimo e le laude italiane hanno avuto diffusione capillare, le Cantigas sono confinate a quattro soli manoscritti: dopo la morte del re, non ebbero alcuna diffusione. I testi delle Cantigas si avvicinano al modello metrico dello zajal; la musica è in forma di virelai. In diversi casi, la struttura musicale, con la presenza del ritornello ad ogni strofa, rompe la naturale sequenza del testo, quasi che ci si fosse adoperati a forzare in una forma fissa brani di origine diversa. E un fenomeno che si osserva anche nelle laude italiane. Dei quattro manoscritti delle Canti gas de Santa Maria, il più antico, il Codice J.B.2 della Biblioteca dell’Escorial, èl’unico a contenere tutte le composizioni. Gli altri contengono solo parte del repertorio. Tutti e quattro i volumi sono concepiti per raccogliere testo e musica anche se in uno, il manoscritto Banco Rari 20 della Biblioteca Nazionale di Firenze, le linee per la musica non sono state riempite. Il più tardo di tutti, il codice di Toledo risale al XIV secolo, e contiene un centinaio di brani: nella scarsa accuratezza della scrittura e nei numerosi errori, dimostra la rapidità con cui le Canti gas stavano cadendo nell’oblio. I tre manoscritti più curati sono ornati da miniature splendide, che li rendono capolavori assoluti dell’arte figurativa medievale. Le miniature del Ms. J.B.2, molto famose, rappresentano musicisti che suonano una sorprendente varietà di strumenti. L’eccezionalità delle Canti gas de Santa Maria del re Alfonso, non sta solo nella loro straordinaria organicità e nell’omogeneità delle fonti pervenuteci, ma anche, e forse più, nella loro unicità. La letteratura iberica volgare del Medioevo ci ha lasciato numerosi esempi di Cantigas de Amor, Cantigas de Amigo, Cantigas de Escarnio e Maldizer, che rappresentano un corpus vasto e articolato, come si intuisce facilmente dai nomi che identificano i generi. A parte le celeberrime sette Cantigas de Amigo di Martim Codax, tutte queste composizioni ci sono giunte prive di musica. La disparità numerica tra fonti che tramandano musica e fonti testuali è comune a tutti i repertori della lirica musicale medievale. Le Cantigas de Santa Maria sono le uniche, nel panorama spagnolo, a presentare una perfetta corrispondenza tra musiche e testi. Repertorio ‘artificiale’, destinato all’uso interno della corte, le Cantigas non sono state concepite per essere divulgate né per partecipare in alcun modo, come fu il caso delle laude o dei Miracles de Notre-Dame, ad una vasta diffusione della devozione alla Vergine. In Spagna questo compito è piuttosto affidato a opere come i Milagros de Nuestra Sennora di Gonzalo Berceo (1180?- 1247).
Le melodie identificate come modelli di Cantigas non sono di origine iberica. Attingono al cantus planus, alla canzone trobadorica o al repertorio dei trovieri, ai rondeaux. Un numero limitato ma non piccolissimo trae spunto, almeno per i testi, dai Miracles de Notre-Dame; del resto l’opera di Gautier de Coinci è citata chiaramente in alcune Cantigas. Più di un centinaio di Cantigas trattano di miracoli avvenuti fuori dalla Spagna: in Francia, Germania, Italia, Inghilterra. In generale all’origine di tutte le narrazioni di miracoli attribuiti alla Madonna, vi sono raccolte in latino di miracoli della Vergine e dei santi. Si tratta di opere che ebbero larga diffusione: citiamo, sull’esempio di Anglès, la Legenda Aurea di lacopo da Varagine (1230-1289) e lo Speculum Historiae di Vincent de Beauvais (?—1 246). La presenza di racconti che trattano di miracoli avvenuti in altre terre oltre che la Spagna, è giustificata da diverse ragioni. Innanzitutto testimonia dell’universalità della protezione che Maria elargisce a tutti i fedeli, essendo madre spirituale di tutti i credenti. Non dobbiamo dimenticare poi la vocazione internazionale di re Alfonso: sua madre era Beatrice, figlia di Filippo di Svevia ed egli tralasciò la Reconquista nel tentativo, fallito, di farsi riconoscere imperatore del Sacro Romano Impero. In perfetta sintonia con la complessa personalità del re sapiente, finestra di un mondo che non poteva far altro se non rappresentare dietro l’immagine immediata un coarcevo di simboli, le miniature del Codice J.B.2 della Biblioteca dell’Escorial sollevano, come le musiche che ornano, infiniti problemi e domande senza risposta.
Le quaranta miniature portate dal manoscritto presentano con dovizia di particolari e proporzioni accurate una quantità di strumenti musicali tale da non aver paragoni per tutto il Medioevo; di frequente i dettagli costruttivi sono raffigurati con precisione sorprendente. Molti strumenti sono identificabili perché ben conosciuti, mentre il nome di altri ci è del tutto ignoto, in quanto non ne esistono altre rappresentazioni e non è possibile collegarli alle testimonianze letterarie coeve: se il Libre de Alexandre (metà del XIII secolo) riporta una lista di strumenti noti e presenti anche nelle miniature delle Canti-gas (synphonia, arpa, salterio, citola), altri poemi, come EI poema de Alfonso XI (dopo il 1328) e il Libro de Buen Amor dell’Arciprete di Hita enumerano gli uni accanto agli altri strumenti conosciuti e nomi ai quali non possiamo collegare nulla di certo, come la alabardana, l’odrecillo (forse una sorta di zampogna), la guitarra latina e la guitarra morisca (strumenti a pizzico dei quali sappiamo poco — del secondo l’Arciprete di Hita dice che aveva un suono penetrante e acuto), il galipe francisco (forse il galoubet provenzale, flauto a tre fori suonato in coppia con un tamburo). Gli strumenti del codice non identificabili sono esercizi di stile del miniaturista o sono realmente esistiti? Si tratta di strumenti etnici propri della tradizione colta castigliana o galiziana? Oppure ci troviamo di fronte al risultato di ‘prototipi’realizzati alla ricerca di nuovi timbri, tentativi maturati nel clima di fervore artistico e scientifico dominante alla corte di Alfonso? Sono forse strumenti simbolici, legati a ipotetici significati esoterici?
Ad ogni modo, le miniature del Codice J.B.2 ci danno indicazioni almeno sulle sonorità preferite nell’ambiente che ha concepito la raccolta delle Cantigas ed il confronto tra materiale letterario e rappresentazioni iconografiche ci consente di allargare il numero delle informazioni in nostro possesso.
BEN POD’AS COUSAS - Piemonte Como Santa Maria tornou a casula branca que tingiu o vinno verdello
MUITO PUNNA DOS SEUS - Pavia Como Santa Maria mandou que fezes ben Bispo ao crerigo que sempre sas oras
PAR DEUS, MUIT'E' GRAN DEREITO - Il Giullare di Lombardia Como un jograr quis remedar como sua a omagen de Santa Maria, e torçeu-se-lle a boca e o braço
ONTRE TODAS-LAS VERTUDE - strumentale
NON CONVEN A AOMAGEN DA MADRE DO GLORIOSO - Siena Esta è como Santa Maria fez tornar negra ha figura do demo que era entallada en marmor blanco, porque si[i]a cabo da sa ymagen que era entallada en aquel marmor meesmo
QUEN LEIXAR' SANTA MARIA - Pisa Esta è como Santa Maria fez ao crerigo que lle prometera castidade e sse casara que leixasse ssa moller e afosse servir
POILAS FIGURAS FAZEN DOS SANTOS RENEMBRANçA - Puglia Esta è como cii terra de Pn//a, en ha vila que à nome Foja, jogava ha moller os dados con outras canpannas ant’ ha aigreja; e porque perdeu, lancou ha pedra que dèss ‘ao Meno da omage de Santa Maria, e ela alcou o braco e recebeu o colbe
A MADRE DO QUE LIVROU - strumentale
QUEN SOUBER' SANTA MARIA BEN DE CORAçON AMAR - Roma Como o papa Leon cortou sa mào, porque era tentado d’da moller que lla beìjera, e pois sàò-o Santa Maria
COM'EN SI NATURALMENTE A VIRGEN A PIADADE - Sicilia Como Santa Maria con verteu un gentil que adorava os ydolos, porque avia en si piadade e fazia caridade aos pobres fonte musicale: Madrid, Escorial, Cod. J.B.2
fonte musicale: Madri, Escorial, Cod. J.B.2