“Quanti son stati triumphanti honori cha ricevuto pel suo bel danzare da ri, da duchi, marchesi e signori.” Così scriveva l’umanista Mario Filelfo lodando l’arte di Guglielmo Ebreo.
Maestro di danza e teorico pesarese tra i primi nella storia, prestò i suoi servigi presso numerose corti tra cui quelle degli Sforza di Pesaro e Milano, dei Montefeltro di Urbino e dei Malatesta di Rimini. A partire dal 1433 per circa cinquant’anni svolse la sua carriera alla presenza di autorevoli personalità italiane e straniere. L’importante sua opera, il trattato “De pratica seu arte tripudii” (1463), ci fa capire come nel Rinascimento la danza fosse nel contempo arte e scienza. Considerata una pratica morale-educativa, essa faceva parte della formazione del nobile virtuoso. Impartita a corte fin dalla più tenera età essa ricopriva assieme alla musica un ruolo di primissimo piano all’interno di feste e cerimonie ufficiali. Alcuni dei principi estetici descritti nel “De pratica” come mesura aire, maniera, regolavano la Danza così come la Pittura e l’Architettuta: né sono un esempio i trattati di Leon Battista Alberti.
L’opera di Guglielmo ci offre, oltre a preziose informazioni relative all’apprendimento della danza e alla maniera di eseguire le musiche, un’analisi dettagliata delle coreografie classificate in bassedanze e balli. Le prime solenni e gravi al contrario delle altre più briose e spiccatamente teatrali, le danze appartenenti a questi due fondamentali generi, vengono qui proposte al pubblico in tutta la loro suggestione e raffinatezza per essere spirito di un’epoca, quella dell’Umanesimo pervaso nella sua interezza da ideali di armonia e proporzione.
Del programma fanno anche parte alcune composizioni di un altro importantissimo teorico e coreografo: Domenico da Piacenza, maestro di Guglielmo. Come tributo alla nobile arte del suo predecessore quest’ultimo ne racchiuse molte delle opere all’interno del “De pratica”. Domenico fu attivo presso le corti dei d’Este e degli Sforza e fu autore del primo trattato che codificò la danza del Quattrocento: “De arte saltandi & choreas discendi”.
Musiche vocali e strumentali di autori coevi tra i quali G.Dufay (attivo presso la famiglia dei Malatesta di Rimini), faranno da cornice all’esecuzione delle danze principalmente scelte per due e tre esecutori.
ROTI BOULLY IOYEULX - basse danse (manoscritto di Brussels)
J’AY PRIS AMOUR – chanson a 3 voci
ROSTIBOLI GIOIOSO - ballo a due di Domenico da Piacenza
VOLTATI IN ÇA ROSINA - ballo a tre di Guglielmo Ebreo da Pesaro
MARCHEXANA - ballo a 2 di Domenico da Piacenza
FALLA CON MISURAS (La bassa Castiglia) – Magister Guglielmus (manoscritto di Perugia)
BELREGUARDO - ballo a 2 di Domenico da Piacenza
PETITE RIENSE - ballo a 3 di Giovanni Ambrosio/Guglielmo
PIVA - di J.A.Dalza
LA FORTUNA - ballo a 3 coreografia di Mariotto da Perugia (musica di Giordano Ceccotti)
LEONCELLO - ballo a 2 di Domenico da Piacenza
LA DOLÇE VISTA - ballata di G.Dufay
PREXONIERA - ballo a 2 di Domenico da Piacenza
AMOROSO - ballo a 2 di Guglielmo Ebreo da Pesaro