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"L'anima e 'l Core"

  • Concerti

Questo concerto che è un estratto del cd “l’anima e l core” vuole essere un omaggio al sommo poeta della proporzione e dell’equilibrio di forme e colori, Pietro Vannucci da Castel della Pieve, detto “il Divin Pittore”, uno spaccato di vita musicale del volgere del Quattrocento, in cui viene presentata tutta la gamma di forme compositive e di strumenti in uso all’epoca. I brani sono conservati nel manoscritto 431 (G20), conservato presso la Biblioteca Comunale Augusta di Perugia. Come per la distribuzione delle voci in un manoscritto miniato (dove su una pagina si trova il superius seguito dal tenor e su quella a fronte c’è il contra accompagnato dal bassus) Perugino ha codificato un sistema di posizionamento degli angeli musicanti. Ci sono gli strumenti della bassa cappella, più delicati ed eleganti, che si prestano ad assecondare momenti maggiormente introspettivi ed esecuzioni più raffinate, e quelli dell’ alta cappella, consoni alle esecuzioni all’aperto, all’accompagnamento delle grandi e fastose danze, e che scandiscono le solennità e le celebrazioni ufficiali. Questi sono gli strumenti più raffigurati dal Perugino, dall’angelo con la ribeca, all’angelo con il liuto, quello con la lira da braçço. Troviamo anche rappresentata la bifara, una piccola ciaramella, che diviene il simbolo di tutta la serie degli strumenti alti e delle funzioni pratiche della musica in ambito cortigiano; si pensi solo ai trombetti, pifari e naccherini del Comune di Perugia che annunciavano i priori negli uffici pubblici. Da quanto riportato nello Statuto di Panicale, datato 1484, deduciamo che l’inserimento di questa bifara non è casuale ma indicativo di una prassi comune e consolidata, praticata da ogni ceto sociale: in occasione della festa “de sancto Michelearcangelo del mese di maggio (...) Ancora che niuno de li dicti homini o vero alcuna persona de qualunche stato o conditione se sia, o vero che sia maschio o vero femina, ardisca nè presumma conducere per sè o vero interposita persona ocultamente, o vero manifestamente alcuno instrumento, o vero alcuna persona sonante piphera, trombetta, tamburo, o vero cornamusa, o vero ciaramella, o vero instrumento acto a sonare...”. Sullo sfondo della maestosa Adorazione dei Magi dell’Oratorio dei Bianchi di Città della Pieve Perugino lascia un’altra traccia di una prassi della realtà musicale dell’epoca. All’altezza dell’orizzonte fra greggi di pecore, cavalli e dromedari che echeggiano l’arrivo dei Magi, un pastore seduto accompagna con la sua rustica cornamusa una danza di due giovani. I due aggraziati fanciulli ingannano il tempo che trascorre lento intrecciando un ballo villano che ci rimanda alla storia della Schola di ballo di Mariotto da Perugia, maestro di danza perugino che sulla fine del XV secolo divenne celebre fra le famiglie nobili. Sulla base di quell’unica testimonianza diretta - il MS conservato alla National Library di New York contenente fra l’altro danze di Guglielmo Ebreo e Domenico da Piacenza dedicate a Lorenzo il Magnifico la descrizione della coreografia, abbiamo ricostruito, di Mariotto Marchetti, Il balletto moro chiamato la fortuna. Alla bottega del Perusino dobbiamo anche la prima testimonianza in Italia centrale di una fanfara di lanzichenecchi, che si trova nell’Adorazione dei Magi dipinta da Eusebio di Jacopo da San Giorgio, ancora oggi nell’Abbazia di San Pietro di Perugia. Nella pala, datata 1509, compaiono numerosi riferimenti musicali: oltre alla presenza di un pastore con la propria piva, in alto a sinistra, al di là della scena dedicata a san Giorgio e il Drago, a lato di un corteo di cavalieri, alcuni dei quali vestiti all’orientale, lì dove si scorge una corno vi è un quartetto di soldati nordici. Due frontali, leggermente piegati su un lato, suonano delle sottili traverse e due, di cui uno girato, suonano dei grossi tamburi militari appesi a tracolla. Nell’archivio storico della stessa abbazia si trova un documento di notevole importanza storico-musicale, il frammento del bassus di Anima mea liquefacta est di Johannes Ghiselin. È stato ipotizzato che il mottetto facesse parte del repertorio dei cantori pontifici che seguivano il papa nei suoi soggiorni perugini, durante i quali alloggiava solitamente proprio nel convento di San Pietro, approfittando della sua posizione strategica, propizia alla fuga nei periodi turbolenti di maggior tensione con la popolazione. Fra gli aiuti del Perugino, oltre a Raffaello ed al Francia - dai quali prendiamo spunto per l’inserimento delle vihuele de arco, da essi ritratte (dall’Estasi di Santa Cecilia, alla Madonna col Bambino) - ricordiamo Giovanbattista Caporali, che raffigura nell’opera Madonna in trono (oggi conservata presso la Galleria Nazionale dell’Umbria), una lauda popolare dedicata alla Vergine, A dimandar pietà, trascrivendola in maniera così puntuale da essere immediatamente eseguibile. Nell’Adorazione dei Magi (Perugia, Galleria Nazionale) di Eusebio di Jacopo da San Giorgio, ricca come al solito di spunti “orchestrali”, un gruppo di angeli con lira, ribeca e liuto è nell’atto di accordare i propri strumenti letteralmente sulla nota “la” soffiata dal voluminoso flauto. E il Lago Trasimeno sullo sfondo, tra le dolci onde che accarezzano le sponde e gli echi dei pescatori, in una limpida giornata di primavera, faceva da cornice ad un concerto di musica del ‘400. Questo programma è caratterizzato dall’utilizzo dell’alta cappella, oltre che della bassa.

FIN CHE VIVO (Anonimo)
PUER SERVIÇIO (Morton) - villançico
O ROSA BELLA (Anonimo) - ballata
UNA VECCHIA RENCAGNATA (Anonimo) - barzelletta
NUI SIAM QUI PER BURACTARE (Anonimo) - canto carnascialesco
MORTE CHE FAI (Anonimo) - strambotto
FALLA CON MISURAS (Magister Gullielmus) - bassadanza/saltarello
FORTUNA DESPERATA (Busnois) - chanson
A DIMANDAR PIETA’(Anonimo dipinto del Caporali) - laude popolare
SE IO TE O DATO LANIMA E ‘L CORE (Heinric Isaac)
ORSU CUSI VA EL MONDO (Anonimo) - rondeaux
DE TOUS BIEN PLAINE (Hayne van Ghizeghem)
O LATRE (Anonimo) - barzelletta

fonte musical: Perugia, Biblioteca Augusta, Ms. 431 (G20)

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