Laus Veris propone i vari repertori con un attento utilizzo della strumentazione. L'ensemble utilizza in concerto numerosi strumenti, studiando approfonditamente le iconografie da cui sono tratti: pitture, sculture, affreschi, prevalentemente del centro Italia senza precludere lo studio di fonti orientali per repertori pi˘ esotici. Alcuni dei musicisti dell'ensemble sono liutai impegnati nella ricostruzione degli strumenti secondo la ricerca e le tecniche antiche. Il liuto trecentesco senza tasti e il chitarrino medievale sono strumenti a plettro derivanti dagli strumenti mediorientali arrivati in Europa nel XII secolo e si diffondono in Italia centrale nel corso del XIII e XIV secolo. Nel XV secolo ebbero un'evoluzione e un adattamento alla musica e alla cultura occidentale: iniziano ad essere tastati, aumentano il numero di cori (corde doppie) fino ad arrivare al pieno '500, dove troviamo le tastiere dei liuti che da 7 tasti passano a 9, 10, 12. Varia anche l'utilizzo della penna (o plettro): si passa all'utilizzo della tecnica rinascimentale a dita, con una fase transitoria dove si utilizza la tecnica mista (plettro pi˘ dita). L'aspetto estetico degli strumenti cambia in base al periodo storico: dal trecento, pi˘ decorati con variet‡ di colori che impreziosivano lo strumento, si passa ai rosoni del '400 e '500 impreziositi con quelle traforature in pergamena che vanno ad arricchire gi‡ lo sfarzo scultoreo delle rosette. Un simile sviluppo iconografico e tecnologico avviene anche negli strumenti ad arco: dalle miniature del XIII secolo delle Cantigas, che ritraggono strumenti di varie dimensioni, suonati indifferentemente a gamba o a braccio e con tavole armoniche in pelle simili al rebab, fino alla viella a cinque corde e alla ribeca del XIV secolo, strumenti pi˘ occidentalizzati, anche nei decori e nelle forme. Nel XV secolo la viella diviene lira da braccio e la ribeca, con la tavola armonica non pi˘ in pelle bensÏ in abete, assume il ruolo di precursore del violino. L'utilizzo e lo stile cambia cosÏ come il modo di suonarli, tutti ingredienti che vanno a caratterizzare il programma che Laus Veris propone. Strumenti monoxilici, ricavati scavando da un unico blocco di legno, e tradizioni scomparse che riaffiorano grazie allo studio delle sculture e dell'organologia a cui l'ensemble fa fede. Il salterio, strumento a corde percosse da bacchette, viene utilizzato soltanto nei repertori ispirati ad un periodo storico dove troviamo raffigurazioni iconografiche: Ë nel XV secolo che lo strumento prosegue la sua evoluzione di strumento a corde percosse, staccandosi dal suo antenato, il salterio a plettro. L'ensemble cerca di trovare una chiave di lettura differente che porti ad una diversa interpretazione anche per quanto concerne le percussioni. Dai tamburi a cornice italiani a quelli dell'area mediterranea, dai timpani ai naccheroni, ogni strumento viene scelto in base alla sua origine storico-geografica per rendere giustizia ai vari repertori affrontati dall'ensemble. Gli strumenti a fiato impiegati nella realizzazione dei repertori variano in base al programma affrontato: la polifonia trecentesca Ë caratterizzata dall'esotico suono del doppio flauto; il repertorio quattrocentesco dalla sonorità penetrante di bombarde e tromboni, quelle popolareggianti delle cornamuse tradizionali ed i ritmi di danza dello zufolo con il tamburo. Per i repertori sacri l'ensemble utilizza il carillon di campane, rappresentato in diverse iconografie, uno strumento capace di eseguire semplici melodie, tipiche di conductus e brani liturgici. L'organo portativo, strumento che troviamo raffigurato tra XIII e XV secolo, riaffiora sia nei repertori antichi di musica sacra che nelle ballate trecentesche, in onore a Francesco Landini, noto compositore raffigurato con questo strumento in braccio nella celebre miniatura del Codex Squarcialupi; il portativo risulta efficace e filologicamente corretto anche nella realizzazione di repertori di strambotti e barzellette di fine XV secolo.